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LUCA GIORDANO

(Napoli, 1634 –  1705)

Via Crucis, settima stazione, Cristo davanti a Veronica

Olio su tela, cm 76x56

Comunicazione scritta del Prof.Lattuada

L'opera si colloca nel momento spagnole del Maestreo, iniziato nell'ultimo decennio del Seicento.

La composizione è movimentata da vari personaggi, tutti tratteggiati con attenzione e grande qualità pittorica.

La storia del velo della Veronica si è progressivamente sviluppata lungo i secoli.
Nei Vangeli sinottici, composti entro il I secolo, è presente il racconto di una donna anonima che viene miracolosamente guarita da un flusso di sangue toccando Gesù (Mt9,20-22;Mc5,25-34;Lc8,43-48[1]). A parte questo accenno l'emorroissa non viene citata altrove nel Nuovo Testamento.
Nell'apocrifo Vangelo di Nicodemo, scritto originariamente in greco nel II secolo e pervenutoci in diverse redazioni o recensioni, l'emorroissa ricompare durante il processo di Gesù testimoniando inutilmente a suo favore. Nella recensione greca A (cap. 7, tr. it.) l'emorroissa è anonima, mentre nel papiro copto di Torino (cap. 5,6 tr. it.) e nella recensione latina (cap. 7, tr. it.) la donna è chiamata Veronica. Il nome è l'adattamento del greco "Berenice" (Βερενίκη), forma macedone corrispondente al greco classico "Ferenice" (Φερενίκη), significante "portatrice di vittoria" (φέρω = portare + νίκη = vittoria).[2]
È probabile che nel passaggio dal greco al latino l'assonanza del nome "Veronica" con vera icon (=vera icona-immagine) abbia progressivamente generato nella fantasia popolare la leggenda della "Vera icona" della "Veronica". In passato si riteneva al contrario che il nome della donna fosse derivato dall'immagine.[3]
La leggenda fa la sua prima comparsa in alcuni scritti apocrifi tardi appartenenti al Ciclo di Pilato (talvolta erroneamente citato come Atti di Pilato): Guarigione di Tiberio, Vendetta del Salvatore e Morte di Pilato.
I tre scritti ci sono pervenuti in autonome redazioni latine medievali (rispettivamente del VIII, IX e XIV secolo) che derivano da una versione precedente andata perduta, probabilmente del VI secolo.[4] La trama dei tre apocrifi è sostanzialmente la stessa: l'imperatore Tiberio gravemente ammalato invia a Gerusalemme Volusiano che punisce i responsabili della morte di Gesù, trova una sua immagine in possesso della Veronica (coincidente con l'anonima emorroissa sanata da Gesù, vedi Mc5,25-34[5] e paralleli), la conduce a Roma e grazie ad essa l'imperatore è guarito.
Nella Guarigione di Tiberio (tr. it.), il testo più antico, l'immagine di Gesù era usata dalla Veronica come cuscino e questo le procurava una buona salute. Aveva fatto dipingere l'immagine "per amor suo". Dopo la guarigione Tiberio adora l'immagine di Gesù e ordina che "fosse circondata di oro e di pietre preziose".
Nella Vendetta del Salvatore (tr. it.) non è specificato se l'origine dell'immagine sul panno di lino sia miracolosa o dipinta. Il panno è conservato avvolto in un tessuto d'oro riposto in uno scrigno, è oggetto di venerazione ed è causa di miracoli.
La Morte di Pilato (tr. it), il testo più recente, specifica invece l'origine miracolosa dell'immagine in possesso della Veronica: "Quando il mio Signore girava predicando, io con molto dispiacere ero privata della sua presenza; volli perciò dipingermi un'immagine affinché, privata della sua presenza, avessi un sollievo almeno con la rappresentazione della sua immagine. Mentre stavo portando un panno da dipingere al pittore, mi venne incontro il mio Signore e mi domandò dove andavo. Avendogli manifestato il motivo del mio viaggio, egli mi richiese il panno e me lo restituì insignito della sua venerabile faccia".
Nel rito popolare della Via Crucis, sviluppato e consolidato nel basso medioevo, è presente una diversa versione della leggenda: la Veronica incontrò Gesù durante la sua salita al Calvario e gli asciugò il volto con un panno di lino. In esso sarebbe rimasta impressa la sua immagine.