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FRANCESCO GUARDI

(Venezia, 1712 – 1793)

Muzio Scevola davanti a Porsenna
Olio su tela cm. 125x185

 

Bibliografia:
Mostra del Settecento Veneziano, Cat della Mostra a cura di G.Fiocco, Milano, Ferruccio Asta & c. 1941 (come Gianantonio); Le meraviglie di Venezia, Dipinti del '700 in collezioni private, cat della mostra a cura di D.Succi e A.Delneri, (p.90-91 scheda di D.Succi); Guardi, a cura di D.Succi, Giorgio Mondadori Editore, 2021, pp36-37-38, scheda 54

Esposizioni:
Mostra del Settecento Veneziano, Milano, 1941 Galleria Ferruccio Asta & c.(come Gianantonio);
Le meraviglie di Venezia, Dipinti del '700 in collezioni private, Gorizia, Palazzo della Torre, 14 marzo - 27 luglio 2008

 

La spettacolare tela raffigura uno dei più conosciuti episodi della tradizione leggendaria dell’antica Roma con il momento saliente del confronto tra Muzio Scevola e Porsenna, re di Chiusi. Durante un assedio alla città di Roma posto in essere dall’esercito etrusco guidato da Porsenna, un giovane patrizio romano travestito da guerriero etrusco, Caio Muzio, riuscì ad oltrepassare le linee nemiche con l’intento di uccidere il re. Per errore Muzio uccise il segretario del re e, fatto prigioniero, venne condotto davanti a Porsenna, in presenza del quale pose la mano destra su tripode, dove ardeva il fuoco sacro, per punirla dell’errore commesso. Porsenna, colpito dal coraggio dimostrato dal guerriero romano, ordinò che venisse rimesso in libertà e da allora Muzio venne soprannominato “Scevola”, cioè mancino.
Raffigurando il leggendario episodio, Francesco Guardi non si è discostato dalla tradizione iconografica che prevedeva il Re Porsenna in piedi davanti al trono con accanto il corpo inerte del segretario, mentre Caio Muzio tende la mano destra sul fuoco del tripode. Dalla tradizione Guardi ha ripreso anche l’erronea consuetudine di raffigurare Muzio con l’elmo romano, dimenticando il particolare del travestimento escogitato dal giovane  patrizio per superare le linee etrusche.
Per inquadrare correttamente sotto il profilo scientifico questo interessantissimo dipinto, è necessario ricordare che il fratello maggiore di Francesco Guardi, eseguì intorno alla metà del quinto decennio del Settecento per il Palazzo Savorgnan di Brazzà, a Udine, un bellissimo ciclo di tre storie romane raffiguranti, rispettivamente, “ La magnanimità di Scipione”, “ Il trionfo di Aureliano “ e “ Muzio Scevola davanti a Porsenna “ , è plausibile che Antonio avesse Francesco come collaboratore e che il terzo dipinto fosse appunto stato eseguito dal talentuoso fratello minore.
Questo dipinto fu esposto A Milano nel 1941 e in quella occasione Giuseppe Fiocco ebbe a scrivere che l’opera, da lui peraltro attribuita a Gianantonio Guardi, sarebbe un dipinto “ molto significativa per il colorismo eccitato che sarà poi di Francesco “, così forse palesando una qualche intima incertezza sull’attribuzione proposta.
Oggi, alla luce delle sempre più approfondite conoscenze sulla produzione artistica dei fratelli Guardi, non c’è dubbio che il dipinto spetti proprio a Francesco, il quale anche qui conferma la tendenza a riproporre motivi già sviluppati dal fratello Gianantonio, dandone un’interpretazione personale pur nella apparente fedeltà formale.
Mentre l’arte di Gianantonio scioglie le immagini in una pittura rarefatta ed evanescente, la maniera figurale di Francesco poggia su un temperamento completamente diverso, animato da un’inquietudine che si risolve nell’immediatezza espressiva di una tecnica esecutiva a pennellate dense e pastose. Il particolare linguaggio del maestro veneziano discende dall’uso di contornare le forme con una scrittura spigolosa .
Anche nel dipinto qui esaminato risulta evidente la secchezza espressiva di Francesco, incline ad impostare la composizione utilizzando forme angolose e contorte costruite in maniera approssimativa. Il cromatismo brillante di Gianantonio, pur essendo reso dal fratello con notevole felicità imitativa, lascia trasparire in alcuni dettagli la predilezione franceschiana per le tonalità brunacee ed affocate. Il dipinto è databile alla seconda metà del quinto decennio del Settecento.