Introduzione a Ercole Drei
di guido cribiori
Tratto da ERCOLE DREI - Moderno eterno linguaggio classico, STUDIOLO 2020
Drei faentino.
Drei bolognese.
Drei romano.
Drei universale, artisticamente parlando.
Perché universale?
Certamente Ercole Drei è un artista (scultore e pittore) che esprime un Classicismo di per sè eterno, ma un dato da analizzare, che ne suggerisce l’integrità umana, oltre a quella
artistica, è quello riguardante la sua presenza in ambito espositivo: Drei partecipa alla Biennale di Venezia e alla Quadriennale di Roma prima, durante e dopo la dittatura fascista; un caso raro, specie per un ragazzo faentino che diviene uomo a Roma, insegnerà
per tutta la vita scultura a Bologna e che mai si appoggerà alla politica per lavorare (1), ma al contrario sarà da essa interpellato per il suo talento; mai ne verrà da ciò scalfita la riconosciuta
rettitudine morale, se è vero che dal 1953 al 1957 sarà addirittura nominato direttore dell’Accademia di Belle Arti di Bologna.
Così ci giunge Drei dai saggi che precedono questo mio scritto: un uomo che fa della trasparenza di pensiero e di condotta la sua prerogativa, ovviamente unito ad un talento eccellente.
Così lo disegna Franco Bertoni: “Indubbiamente è difficile rinvenire nel panorama della scultura italiana della prima metà del XIX (XX ndr) secolo una personalità altrettanto monolitica, ma non monocorde; aristocraticamente indifferente, ma non per questo
disattenta; programmaticamente sorda alle esigenze contingenti del dibattito culturale; ostinatamente appartata e sempre defilata rispetto alle correnti artistiche emergenti, pur nella costante presenza ai momenti più significativi, quale quella di Drei.” (2)
La biografia di Drei non è ricca di avvenimenti eclatanti o colpi di testa, ma di un percorso lineare perseguito con serena e consapevole tenacia; ovviamente la sua vita è stata segnata dalle fatalità che essa riserva in diversa misura ad ognuno di noi.
Numerosissimi sono stati i monumenti pubblici realizzati,
i premi ed i riconoscimenti ricevuti in carriera.
Ercole Drei nasce a Faenza il 28 settembre 1886 da umile famiglia (il padre Lorenzo è capomastro).
Nel 1900 si iscrive alla Scuola di Arti e Mestieri di Faenza, frequentando, insieme a Domenico Rambelli e Francesco Nanni, il corso di intaglio diretto da Massimiliano Campello.
A Faenza Drei cresce a stretto contatto di Domenico Baccarini e il suo Cenacolo (3) , a cui prende parte probabilmente dal 1902; l’influenza di Baccarini, di poco più vecchio, ma già proiettato ad un’Arte di respiro internazionale, si evidenzia in lavori giovanili, dove il gusto per la composizione di matrice simbolista e Liberty è ancora fortemente presente.
Presto, in ambito accademico, la precoce maturità di Drei lo porterà al raggiungimento di un verismo a tratti enfatizzato, ma mai ridondante, caratterizzato da purezza di linguaggio e di linea e dall’assenza totale di volgarità.
Nel 1905 l’Amministrazione del Comune di Faenza gli corrisponde un assegno mensile per favorirne gli studi (4) e la Società per il Risveglio Cittadino di Faenza gli conferisce il diploma alla benemerenza per disegni e sculture.
Trasferitosi a Firenze, si perfeziona in disegno e pittura sotto la guida del grande Giovanni Fattori, con il quale matura senz’altro un rapporto stretto, dato che il Maestro poserà per il mezzo busto (5) che vedrà Drei premiato nel 1907 proprio all’Accademia; ma è Augusto Rivalta il suo insegnante di scultura, quel Rivalta fortemente legato alla tradizione classica, il cui dogma trova terreno fertile nelle
attitudini del giovane romagnolo, che sbocciano rapide e sicure.
Nel 1908 partecipa alla Prima Mostra Biennale Romagnola d’Arte di Faenza ed esegue degli altorilievi allegorici per l’Esposizione Torricelliana (6), alla quale partecipa; in questa occasione si confronta con il lavoro del grande Leonardo Bistolfi, al quale è dedicata una sala.
Nel 1910 Primo premio al Concorso Baruzzi del Comune di Bologna con l’opera Cassandra, che gli varrà grande notorietà, per l’intensità e la drammaticità trasmesse unite alla tecnica esecutiva.
Baccarini lo invita a raggiungerlo a Roma, ma Drei riflette e risponde all’amico “ci verrò, ma quando sarò sicuro di poterprimeggiare e non di essere solo una comparsa”.
Tra Firenze e Faenza tesse contatti e nuove amicizie, De Carolis, Spadini, Moroni, Pasqui, Gino Barbieri e Federico Tozzi e poi Papini, Sapori e Soffici, con i quali resterà sempre in contatto.
Nel 1911 vince il Primo premio alla Mostra d’Arte di Faenza e nel 1912 il Premio Curlandese dell'Accademia di Belle Arti di Bologna; in ottobre, a Firenze, consegue il diploma con Premio della società Società di Belle Arti.
Nello stesso anno partecipa per la prima volta alla Biennale di Venezia (7) e l'anno seguente vince il premio Pensionato Nazionale Artistico per l'Accademia di Belle Arti di Roma e gli viene conferita una pensione per scultura con possibilità di alloggio e studio a Roma presso la stessa Accademia per il biennio 1913-1914, pensione che verrà rinnovata nel biennio successivo. In quel periodo conosce l’architetto Del Debbio e ritrova Armando Spadini, anch’egli stabilitosi a Roma.
Nel 1915 espone alla Terza Mostra della Secessione Romana due dipinti e una scultura.
Dal 1921 ottiene un suo studio a Villa Strhol-fern8, forse con l’auspicio dell’amico Carlo Socrate, che ci vive dal 1917.
Sempre nel 1921 vince il concorso per la statua L'insurrezione nel monumento a Vittorio Emanuele II, in piazza Venezia a Roma e realizza il monumento a Nazario Sauro a Porto Corsini, collocato successivamente nel 1924, anno in cui viene posato il gruppo
scultoreo Il lavoro e il risparmio sul frontone del palazzo della vecchia Banca di Sconto a Roma.
Nel 1925 realizza gli eccellenti Monumenti ai Caduti a Savignano di Romagna e a Fusignano, l'anno successivo realizza un altro Monumento ai Caduti per Granarolo Faentino.
Nel 1927 termina la realizzazione della Quadriga e i bassorilievi per il Palazzo di Giustizia di Messina, per i quali progetta una lega metallica in allumino e bronzo, in modo da poter alleggerire il peso delle sculture.
Sempre nel 1927 gli viene assegnata la prestigiosa cattedra di scultura all'Accademia di Belle Arti di Bologna (9), che conserverà per quasi trent’anni e che lascerà per divenire direttore dell’Accademia, dal 1953 al 1957.
Nel 1929 viene premiato con la medaglia d’oro all’Esposizione Internazionale di Barcellona, grazie all’opera Ritratto di signora (Ritratto di mia moglie).
Nel 1930 presenta una personale all’Associazione Artistica di Roma, esponendo opere dal ’10 al ’30, esprimendo una coerenza di percorso sottolineata dalla critica.
Nel 1931 è invitato alla Prima Quadriennale d’Arte di Roma, alla quale parteciperà fino alla IX edizione, tenutasi nel 1965.
Ottiene la medaglia d’Argento alla Esposizione d’Arte per le Olimpiadi di Los Angeles del 1932, con I calciatori; sempre in quell’anno inaugura il Mausoleo di Michele Bianchi, a Belmondo Calabro, sul Monte Cologno, uno dei quadrunviri della marcia su Roma, da lui progettato e realizzato nelle architetture e nelle sculture.
Realizza L’Atleta con clava (o Ercole) per lo Stadio dei Marmi nel Foro Mussolini (1935), progettato da Del Debbio.
Nel 1936 realizza un monumentale bassorilievo per l’arco trionfale dedicato ai fratelli Fileni sulla nuova “strada imperiale” che unisce il confine tunisino a quello egizio nel deserto della Sirte, in Libia, e che sarà inaugurato nel 1937; completano il monumento un altro bassorilievo, di Quirino Ruggeri e due enormi sculture in bronzo raffiguranti i Fileni, opera di Ulderico Conti.
Inizia a progettare la stele Il lavoro dei campi, eseguita nel 1940-42 per l'EUR, che sarà completata e posta in opera solo nel 1962, a Roma in viale del Turismo.
Per la sua sperimentata professionalità nel 1947 viene nominato componente del Consiglio superiore delle antichità e belle arti (rimanendo in carica fino al 1951).
Nel 1953 esegue il monumento equestre del Generale Pulawsky per la città di Providence nel Rhode Island, (USA).
Nel 1954 è nominato direttore dell'Accademia di belle arti di Bologna, carica che mantiene fino al 1967.
Nel 1956 espone alla Galleria La Loggia di Bologna ribadendo, nell’autopresentazione presente all’interno del catalogo, il suo pensiero ultimo sulle vicende dell’Arte (10).
Drei si spegne a Roma il 1 ottobre 1973 all’età ottantasette anni.
1 Drei stesso chiarirà il senso della sua adesione alle committenze del regime: "durante il regime ventennale (l'arte) trovò modo di manifestarsi con una fisionomia sociale… Per illustrare attraverso una narrativa pittorica e plastica i fasti di un'epoca. L'arte evase dalla cosiddetta pittura da cavalletto, e ritorno a prendere dimora sui muri come ai bei tempi antichi”, ribadendo il concetto secondo cui “l’arte deve essere popolare”, cioè nutrire il popolo ed essere al suo servizio come crescita sociale.
2 Franco Bertoni in Ercole Drei Scultore, 1886 - 1973, University press, Bologna, 1986, p.39
3 Domenico Baccarini (Faenza, 1882 - 1907), esponente di spicco del simbolismo e del liberty italiano (o Art Nouveau), nonostante la scomparsa prematura, avvenuta a soli 25 anni per tubercolosi, fu in grado di riunire intorno a se un gruppo di giovani artisti (poco più giovani di lui) e di aprirli al confronto costante con l’arte di respiro internazionale, grazie alla sua curiosità e al suo forte spirito innovativo: Ercole Drei, Giovanni Guerrini, Francesco Nonni, Domenico Rambelli, Pietro Melandri, Riccardo Gatti, Giuseppe Ugonia, Odoardo Neri e Orazio Toschi.
4 “Drei Ercole d'anni 18, intagliatore, versa in condizioni tali da non poter senza l'assegno mantenersi agli studi fuori del paese nativo”. Dal novembre (1905) è la corresponsione a Drei di un assegno di lire 500 “affinché possa dedicarsi allo studio già intrapreso della pittura e specialmente della decorazione da muro presso l'Accademia di belle arti di Firenze”.
in Ercole Drei Scultore, 1886 - 1973, University press, Bologna, 1986, p.204
5 Drei realizza il busto del Maestro siglandolo e dedicandolo alla base “a Giovane Fattori in segno di ammirazione”.
6 ESPOSIZIONE 1908 (Esposizione Torricelliana)
Nel 1903 i membri della Società del Risveglio Cittadino, formata dalle personalità più illustri della città di Faenza, progettato di ricordare il terzo anniversario della nascita di Evangelista Torricelli (1608-1647) con un'esposizione di prodotti dell'arte e del lavoro faentino.
Nel giugno del 1907, il sindaco di Faenza Gallo Marcucci formò un comitato esecutivo, presieduto dal conte Carlo Cavina, al fine di organizzare l’evento.
L'esposizione venne inaugurata il 15 agosto del 1908 con allestimenti curati dall'architetto milanese Orsino Bongi in padiglioni in legno nell'area a est del viale della Stazione, dall'inizio fino a via Campidori, comprendendo nell'area espositiva l'Ebanisteria Casalini e l'ex convento di San Maglorio.
Diverse erano le sezioni: una mostra con scritti e cimeli del grande fisico Torricelli, integrata da un settore moderno con strumenti di fisica terrestre e meteorologia; una mostra di ceramiche con opere di artisti e fabbriche di tutta Europa; una esposizione di fotografie e una di macchine agrarie. A completamento della manifestazione vi erano la mostra del ferro battuto, dell'ebanisteria e il padiglione dei lavori femminili.
Nei locali dell'ex convento di San Maglorio venne allestita la Mostra biennale romagnola d'Arte, che successivamente fu ampliata con due sezioni, una nazionale e l'altra internazionale.
In quegli stessi locali, alla chiusura dell'esposizione, nascerà l'attuale Museo internazionale delle ceramiche, grazie a Gaetano Ballardini che riuscì a ottenere la donazione di molte delle ceramiche esposte.
Nell’occasione il lavoro del giovane Drei ottenne le prime attenzioni: “Ma ciò che deve attrarre con legittimo orgoglio la nostra attenzione sono le sale in cui sono esposte le opere dei romagnoli che concorrono ai premi vistosi fissati nella somma complessiva di L. 5000. Oltre il Rambelli e il Nonni i quali ormai a Faenza e fuori si sono conquistati, pur così giovani, una bella fama, vi è il nostro concittadino Ercole Drei, scolaro del Rivalta, che si afferma con studi e ritratti di potente fattura […]” (Papinianus, da LA FIRA D’SAN PIR all’espusizion, Faenza 17 settembre 1908)
7 Risulta interessante notare, nel suo percorso espositivo la costante presenza alla Biennale di Venezia, al quale partecipa per ben undici edizioni e alla prestigiosa Quadriennale di Roma, sua città adottiva, alla quale esporrà per le prime nove edizioni; queste presenze saranno scandite da saltuarie apparizione alle Mostre indette dal Sindacato Fascista di Belle Arti romagnolo e laziale, presenze alle quali evidentemente Drei non poteva negarsi e che egli utilizzava anche per proporre pezzi differenti, di piccolo formato, ceramiche e dipinti Una annotazione su tali presenze, assolutamente prestigiose e a loro modo strategiche permetteva all’artista di collocarsi nell’élite e, al contempo, vista la cadenza biennale e quadriennale degli eventi, di lavorare e proseguire il suo percorso, anche attraverso i vari concorsi a monumento pubblici.
E’ curioso annotare che alla Prima Mostra del Novecento Italiano, organizzata a Milano da Margherita Sarfatti, Drei sorprendentemente presenta un dipinto e non una scultura.
8 Villa Strhol-fern fu una sorta di villaggio artistico culturale voluto da Alfred Wilhelm Strhol-fern, pittore, scultore, musicista e scrittore alsaziano, edificato all’interno di un grande parco. Nei numerosi atelier costruiti intorno alla villa padronale, Strhol-fern ospitò numerosi artisti, in cambio di un modico affitto, andando a formare una vera comunità.
Tra di essi: Amedeo Bocchi, Renato Brozzi, Aleardo Terzi, Nicola D’Antino, Arturo Martini, Francesco Nagni, Attilio Selva, Alfredo Biagini, Francesco Coccia, Giuseppe Ciotti, Francesco Di Cocco, Giorgio Hinna, Domenico Colao, Attilio Torresini, Vittoria Morelli, Virgilio Guidi, Carlo Socrate, Cipriano Efisio Oppo, Deiva De Angelis, Gisberto Cerchini, Bruno Barilli, Pasquarosa Marcelli, Nino Bertoletti e i fratelli Bragaglia.
9 La nomina viene comunicata direttamente dal Ministero della Pubblica Istruzione, senza concorso. Drei avrà come allievi, tra gli altri, i due maggiori scultori bolognesi del dopoguerra, Luciano Minguzzi e Quinto Ghermandi, entrambi destinati anche alla carriera dell'insegnamento: il primo a Brera, il secondo sulla stessa cattedra bolognese.
"La scuola mi ha educato prima, e mi ha chiamato ad educare poi, e mi trovo contento di dire ai giovani quello che ho imparato io…"
10 Ercole Drei, autopresentazione, personale alla Galleria la Loggia, Bologna, settembre 1956:
[…] “I lavori che qui espongo, vecchi e nuovi, vogliono dimostrare la mia fede verso un ordine morale artistico, a cui io non sono mai venuto meno. Ho sempre amato nella scultura la bellezza della forma, l'armonia delle proporzioni, l'espressione, la sapienza del mestiere, nella pittura esaltazione del colore, il disegno corretto ma espressivo, la ricchezza dell'impasto cromatico; fare cioè della buona pittura come si usa chiamarla noi artisti. Tutto quello che è avvenuto di nuovo non mi ha sedotto. L'arte non è per me progressista come la scienza, e non ha da raggiungere perfezionamenti tecnici come la meccanica. Ha soltanto dei ritorni di fiamma come la moda. La natura è il suo modello, e da essa deve entrare l'immagine da cui creare i suoi fantasmi. Neanche il grande Rinascimento a superato la solenne bellezza della pittura pompeiana. L'arte antica si presentava davanti a noi con l'esaltazione del bello, l'uomo vi ritrovava se stesso, le sue medesime proporzioni, sentiva la serietà deg’iintenti con tutto il mondo esteriore: davanti a queste magnifiche rappresentazioni trovava gioia per gli occhi, soddisfazione per lo spirito.
L'arte è quella cosa, che nasce nel cervello degli uomini in un tal mistero, come le cose della natura, le quali germogliano e si sviluppano sotto qualunque clima, tanto nel sereno come nella tempesta. […] l'arte di Picasso è la sintesi di questo mondo materialistico e meccanico… Questo genio satanico e distruttore credi di creare un nuovo mito da innalzare sugli altari ma non fatti affrettare la fine dell'arte.Picasso e compagni non hanno aggiunto nulla alla primitiva pittura delle caverne […] Tutto questo bailamme di linguaggi, di cui la pittura di oggi si serve, non convince nessuno e presto andrà ad arricchire i musei delle zone depresse dell'intellettualismo che un giorno diventeranno i cimiteri degli elefanti di filmistica memoria.”