PAOLO DE MAJO
Figlio di Giovanni Pietro e di Ovidia Izzo, nacque a Marcianise (Caserta) il 15 genn. 1703.
Il De Dominici (1745), inserendolo tra i discepoli di Francesco Solimena, lo ricordava come "un de' scolari che con assiduità hanno assistito alla scuola, e benché non sia giunto al valore de' più eccellenti, ad ogni modo si porta bene, e non gli mancano continuamente delle faccende, vedendosi molte opere esposte al pubblico". La sua formazione all'interno dell'accademia solimenesca e la convinta adesione ai termini puristici del classicismo arcadico sperimentato dal maestro, sul finire del XVII secolo determinarono un avvio verso equilibrate soluzioni disegnative, cui corrispondeva un misurato uso del chiaroscuro di matrice pretiana. Tra le sue prime opere andranno collocate la Gloria di s. FilippoNeri dellaparrocchiale di Sant'Antimo, densa di recuperi seicenteschi, e lo Sposaliziodella Vergine, con i due ovati laterali, per S. Nicola alla Carità a Napoli, dove la ripresa dei termini pretiani appare filtrata attraverso l'acquisita consapevolezza del. metro classicistico come scelta di "valore"
Nel 1733 per S. Barbara a Caivano il D. realizzò il Martiriodella santa, manifestando una sottile inclinazione verso un tipo di idealizzazione formale di matrice dichiaratamente reniana. Nel 1734 vennero portate a termine sia la Ss. Trinità e santi per il Carmine Maggiore, sia le due soprapporte del duomo e dell'Annunziata di Marcianise, dove è manifesto l'impegno verso un impianto scenografico monumentale che richiese la collaborazione di un quadraturista aderente alle scelte solimenesche improntate al "far più vasto". Agli stessi anni appartengono il S. Pietro che battezza eil S. Paolo che predica dellachiesa napoletana della Madonna dei Monti, mentre è datato 1735 il S. Gregorio che invoca la fine della peste a Roma per la chiesa di S. Gregorio Magno a Crispano, in cui l'interesse verso le vibrazioni luministiche, spinte fino al cangiantismo, si unisce a una cura nella definizione dei corpi che rimanda all'attenzione prestata, sempre in ambito accademico, all'imitazione delle statue classiche.
Nella decorazione dell'Annunziata di Marcianise, con la serie di profeti e sante vergini, di dottori della Chiesa ed evangelisti, il D. ebbe modo di divulgare coerentemente il metro classicistico solimenesco, evidenziando una linea di tendenza che, mentre si agganciava direttamente all'esito dell'Assunta sulla volta della stessa chiesa, non si mostrava incline ad assecondare i ripensamenti del Solimena maturati in chiave di ripresa tardobarocca tra il '35 ed il '40. Solo nel 1739, con la Madonna del Rosario in S. Domenico a Bitonto, gli interessi del D. si rivolgevano ad assecondare le proposte di F. De Mura, le cui ricercate formule disegnative, inserite in una luminosa dimensione atmosferica, tendevano a neutralizzare la violenza degli sbattimenti chiaroscurali solimeneschi al fine di avviare le espressioni figurative verso la confluenza con gli esiti letterari improntati alla riscoperta di momenti idillico-pastorali. La Sacra Famiglia per la chiesa dei padri della missione ai Vergini conferma pienamente tale orientamento, che coincide con la svolta demuriana delle Storie di s. Benedetto, affrescate intorno al '40 sulla volta dei Ss. Severino e Sossio.