Sebastiano (Bastian) Lazzari nacque a Verona presumibilmente intorno al 1730.
Firmando alcuni dipinti, fu lo stesso artista a qualificarsi come veronese, pittore, scultore e architetto (benché nessun progetto architettonico possa essergli attualmente ascritto).
Esordì precocemente con l'esecuzione del frontespizio, inciso da F. Zucchi, delle Opere volgari e latine di J. Bonfadio (parte prima), raccolta stampata a Brescia nel 1746, realizzata dall'abate A. Sambuca e dedicata al cardinale A.M. Querini, vescovo di Brescia.
Dalla metà del secolo si dedicò prevalentemente alla pittura e in particolare a un genere di natura morta di carattere illusivo, creando trompe-l'oeil, anche detti "finti assi" (Zannandreis, p. 423) perché caratterizzati da fondi che simulano appunto assi in legno d'abete e funzionano da architettura degli oggetti.
Molto probabilmente, più che le nature morte tedesche e olandesi, furono le immagini diffuse dalle incisioni dei Remondini a Bassano del Grappa ad avere un ruolo determinante nella formazione del L., lasciando persino presupporre un suo precoce trasferimento da Verona. Appartengono alle prime sperimentazioni di questo genere pittorico due opere non firmate: il Trompe-l'oeil con giovane frate (Verona, collezione privata: Romin Meneghello), sul cui fondo, contraddistinto da assi di legno, è dipinto un foglio appeso recante un'immagine di frate, identificabile con s. Antonio da Padova; e il Trompe-l'oeil con l'immagine della Vergine (Verona, Museo di Castelvecchio; Cento opere…).
Datate 1752 sono due Nature morte con strumenti musicali (Milano, Finarte, 14 nov. 1990; Veca), veri e propri pendants a spazio continuo. Nel primo quadro, dove, sopra un tavolo coperto da una tovaglia, sono poste una sfera armillare, una chitarra barocca e un violino, compare la data incisa in alto a sinistra sul fondo di legno, mentre nell'altro si trovano la firma del pittore e, adagiati sopra una spinetta, un mandolino e strumenti musicali a fiato.
Non appartiene a questo genere il Ritorno dalla caccia (Treviso, collezione privata; Pallucchini, p. 178; Ericani, p. 38), una piacevole pittura di costume dove, sul basamento della statua d'Apollo, che chiude la composizione ai piedi della scalinata d'una villa, si legge: "Sebastianus / lazzari / veronen[sis] / pinxit / an.[nus] / MDCCLIII".
Firmato e datato 1756 è un dipinto con strumenti musicali e scientifici (collezione privata; Veca, p. 187) in cui in primo piano sono rappresentati, posati su un tavolo, un violino e una sfera armillare, mentre sulle finte assi del fondo sono appesi occhiali, riportati motti e, in modo illusionistico, è incisa nel legno la data. Il L. si firma sopra una carta che pare infilata fra il bordo del tavolo e la cornice del quadro.
Non incontrando il successo che sperava da tale genere di produzione (Zannandreis, p. 423), accettò l'incarico di modellatore e disegnatore presso la fabbrica di maioliche e porcellane a Nove di Bassano (Vicenza). Non ancora chiara è l'epoca in cui si avviò a questo tipo d'attività presso l'impresa Antonibon, collaborazione cessata sicuramente nel 1765.
A quella data egli fu infatti coinvolto nel processo intentato da Pasquale Antonibon contro Geminiano Cozzi di Venezia e Giovanni Battista Brunello di Este, in cui emerse anche l'accusa al L. di tradimento nei confronti della manifattura novese. Negli atti del processo il L. compare con la specifica qualifica di "modellatore"; lo stesso Antonibon dichiarava come avesse appreso "il mestiere" nella fabbrica di Nove (Bertocchi, p. 41). A fornire dettagli per l'accusa fu in particolare l'interrogatorio del pittore di porcellane Ludovico Ortolani, che confessò di averlo visto prelevare dalla fabbrica piccoli stampi e materiali per consegnarli a Geminiano Cozzi o a Fiorina Fabris, sposa di Jean-Pierre Varion, ceramista parigino (Ericani). Alla data del 30 ag. 1765 il nome del L. risulta elencato tra coloro che furono licenziati da Antonibon e assunti da Cozzi presso la manifattura veneziana (ibid., p. 39).
Nel 1766 lasciò Venezia e decise di associarsi alla nuova manifattura dei coniugi Varion a Bologna, dove la piccola fabbrica di porcellane in via Torleone era già attiva, e nello stesso anno risulta residente a Bologna, insieme con i Varion, G. Montanari e C. Chiari (ibid., p. 42). Nel 1767, per motivi non ancora ben chiari, si registrò la chiusura di quella fabbrica e, dopo questa sfortunata esperienza, del L. si perdono le tracce. Probabilmente si trasferì per un breve periodo a Vicenza, dove visse presso il suo concittadino e amico L. Buffetti (Zannandreis, p. 423), e dove riprese a dipingere trompe-l'oeil, ma anche quadri di soggetto sacro come la pala d'altare della parrocchiale di Vighizzolo (Padova) con la Madonna col Bambino e i ss. Simone Stock, Domenico e Vittore (Gloria; Pallucchini), ancora in loco. Sul rudere d'architrave si legge "Sebastianus Lazari Pictor et Sculptor Veronensis Pins 1769".
Dal 1789 al 1791 realizzò una vasta produzione di trompe-l'oeil accomunata dalla stretta corrispondenza interna degli elementi compositivi.
Nel Trompe-l'oeil con orologio (Venezia, collezione privata; Fantelli - Rizzi) si firma alla base di quello strumento, disposto al centro di un tavolo: "Sebastianus Lazari Veronensis / Pict. Sculp. Et Archit. Fecit / MDCCLXXXVIIII". Similmente impaginato il pendant (Riviera del Brenta, collezione Mira), dove sul tavolo sono posati due cesti di frutta affiancati da un mazzo d'asparagi, alcuni dolciumi e due vasi di fiori. Di poco precedenti potrebbero essere due opere firmate (collezione privata; Veca, p. 188), in cui l'arredo si compone dei medesimi oggetti: al centro della composizione un canestro di frutta con a fianco un pappagallo, e poi, sul tavolo, una bottiglia di vino, un calice e due ciambelle. La firma si legge in un cartiglio che appare infilato, in basso a destra, fra la tela e la cornice. Nel pendant (ibid.), in primo piano un cesto di frutta e un mazzo d'asparagi posato su un piatto; tra gli elementi che caratterizzano il fondo, sono riprodotti i sistemi astronomici di Copernico e Tycho Brahe, nonché alcuni motti, come sua consuetudine.
Proprio tramite l'ausilio delle dediche presenti su molte tele, è stata ipotizzata una probabile permanenza del L. a Padova nel 1790: ne sarebbe una conferma un Finto asse con melone e cestello (Padova, collezione privata; Fantelli - Rizzi) che riporta la dedica "a Monsieur / Ms Giacomo Giro / Padova".
Del medesimo anno sono altri due trompe-l'oeil (ibid., p. 222), in collezioni private: un Finto asse con cocomero e bottiglia e un Finto asse con lepre e fiasca, datato "Adi 18 settembre 1790" e firmato in calce al disegno appeso alle assi del fondo; contestuali a questi esiti sono pure due pendants (Venezia, Gallerie dell'Accademia; ibid., p. 220) in cui viene sviluppato rispettivamente il tema astronomico e geografico. Grazie a un confronto dei motti presenti in queste opere, nonché a coincidenze iconografiche e stilistiche, sono stati ascritti al L. due dipinti tradizionalmente assegnati alla mano di Francesco Bossi da Este (De Logu): un Finto asse a strumenti musicali e un Finto asse con lepre e fiasca (Carbonera di Treviso, collezione Passi; Fantelli - Rizzi). In quest'ultimo compaiono la data "19 settembre 1790", lo stesso epigramma presente nel trompe-l'oeil dedicato all'astronomia e una dedica a M. Zigno, proprietario a Padova di un caffè che ospitava un circolo culturale filofrancese.
Sono ascrivibili alla più tarda attività del L.: un Trompe-l'oeil con pappagallo e fichi (New York, Christie's Rockefeller Center, 13 ott. 2000), due Finti assi (Venezia, Semenzato, 14 apr. 2002, n. 264) e Finti assi con cacciagione (Venezia, Finarte Semenzato, 14 dic. 2003).
Due dipinti a pendant raffiguranti Conigli accovacciati in cespugli, firmati e datati 1791 (collezione privata; De Logu, p. 205), costituiscono l'ultima attestazione di questa vasta produzione.
Non si conoscono la data e il luogo di morte del L.; si può tuttavia ragionevolmente presumere che sia avvenuta a Venezia nell'ultima decade del secolo.
Fonti e Bibl.: C. Bernasconi, Studi sopra la storia della pittura italiana… e… della scuola pittorica veronese dai medi tempi fino a tutto il secolo XVIII, Verona 1864, p. 379; D. Zannandreis, Le vite dei pittori scultori e architetti veronesi, Verona 1891, pp. 422-424; A. Gloria, Il territorio padovano illustrato, III, Padova 1862, p. 63; G. Morazzoni, Le porcellane italiane, Milano 1960, pp. 41-47; G. De Logu, F. Bossi, tutto inedito, in Emporium, CXXXIX (1964), pp. 205-210; R. Pallucchini, S. L., in Arte veneta, XXV (1971), pp. 178-181; L. Romin Meneghello, I "finti assi" di S. L., ibid., XXXI (1977), pp. 223 s.; Tesori d'arte a Venezia (catal.), Venezia 1978, pp. 100 s.; A. Veca, Inganno e realtà. Trompe-l'oeil in Europa XVI-XVIII sec. (catal., galleria Lorenzelli), Bergamo 1980, pp. 186-189; P.L. Fantelli - A. Rizzi, I "finti assi" del "pictor sculptor et architectus" S. L., in Ateneo veneto, XXII (1984), pp. 219-224; G. Bertocchi, La porcellana di Bologna. Una sconosciuta avventura dell'arte ceramica del Settecento, in Il Carrobbio, XIV (1988), pp. 38-46; S. Marinelli, La pittura del Settecento a Verona, in La pittura in Italia. Il Settecento, I, Milano 1989, p. 144; G. Ericani, Modelli e modellatori per la porcellana Antonibon, in La ceramica degli Antonibon (catal., Bassano), a cura di G. Ericani - P. Marini - N. Stringa, Milano 1990, pp. 36-43; F. Faré - D. Chevé, I quadri di trompe-l'oeil o Il piacere dell'illusione, in Il trompe-l'oeil. Illusioni pittoriche dall'antichità al XX secolo, a cura di P. Mauriès, Milano 1997, pp. 186 s.; Cento opere per un grande Castelvecchio, a cura di P. Marini - G. Peretti, Venezia 1998, p. 103; Vision - image and perception (catal.), a cura di M. Peternàk - N. Eross, Budapest 2002, ad ind.; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXII, pp. 490 s.; Enc. biografica e bibliografica "Italiana", A. Minghetti, Ceramisti, XLI, p. 255; R. Brenzoni, Diz. di artisti veneti… dal XIII al XVIII secolo, Firenze 1972, p. 170.
Tratto da ENCICLOPEDIA TRECCANI On line